Il testo sotto è la mia traduzione di un post di Dilar Dirik dal sito kurdishquestion.com. Il testo mostra bene come, ancora una volta, le donne siano un campo di battaglia per la guerra, in questo caso mediatica. Il post si concentra sulla propaganda mediatica turca e iraniana, mirata a screditare le donne combattenti e sull'orientalismo paternalista dei media occidentali. A quanto scritto sotto, vorrei aggiungere anche un altro aspetto della rappresentazione mediatica delle donne combattenti, non affrontato in questo post: la tendenza voyeristica e ammiccante che c'è da parte di molti media occidentali. Nelle foto, nei servizi, si sposta continuamente l'obiettivo alla ricerca la femminilità delle combattenti. Insomma, si tenta di "normalizzarle" sullo stereotipo femminile di cura e bellezza. Per me, anche questa normalizzazione è problematica e contribuisce a negare la portata rivoluzionaria della resistenza delle donne nella società.
Warning: il post ha un po' un tono da propaganda, più che di analisi.
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Funerale di una combattente tratta da un articolo di NBC news |
Negli ultimi due
anni, nel pieno della guerra civile siriana, i curdi hanno preso il controllo
del Kurdistan occidentale (Rojava) e vi hanno progressivamente stabilito
strutture di autogoverno. Sin dal principio le donne hanno perso parte attiva alla
rivoluzione del Rojava, grazie all'attivismo civile e politico. Ma quello che
ha più colpito i media mainstream occidentali è stato il ruolo paritario delle
donne combattenti. Queste donne, che combattono contro il regime di Assad e
contro i gruppi jihadisti, hanno spesso sottolineato come la loro sia una
guerra su più fronti: per la liberazione del popolo curdo e in quanto donne. Nonostante,
da decenni, la presenza di donne combattenti sia un elemento naturale in
Kurdistan, il mondo sembra accorgersi solo ora del ruolo delle donne nel
movimento di liberazione del Kurdistan. In particolare di recente, il movimento
delle donne ha stuzzicato l'immaginario dei media mainstream in vari modi
generando stupore, orientalismo paternalista fino al sessismo vero e proprio.
Molti articoli sulle
donne combattenti curde sono semplicistici, misogini, orientalisti, e a dir
poco paternalisti. Invece di provare a comprendere la situazione in tutta la
sua complessità, gli articoli spesso si limitano a fare affermazioni
sensazionalistiche per far leva sullo stupore di chi legge per il fatto che
"povere donne in Medio Oriente" possano essere addirittura delle combattenti.
Così, invece di riconoscere la rivoluzione culturale rappresentata dalle azioni
di queste donne, in una società altrimenti patriarcale e conservatrice, molti
reporter decidono di usare categorie trite.