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Immagine del Social Strike, http://blog.scioperosociale.it/ |
Sorella (o fratello) precaria,
tu hai ragione. Hai studiato, sei bravissima, fai un sacco di cose fighe per
lavoro, sei giornalista, oppure archeologa o cineasta, hai inventato un sistema
fighissimo per insegnare il tibetano ai cavalli per fare la pet therapy. Avresti,
anzi, hai diritto ad un riconoscimento economico del tuo lavoro. Questa società
invece rifiuta di riconoscerti questo diritto, e dire che tu saresti disposto ad
accontentarti – oVVoVe- pure un misero posto da insegnante.
Allora tu ti indigni, e
fai bene! Scrivi un post per qualche rivista online più o meno figa, chiami il
tuo amico giornalista e scrivete un pezzo di antropologia precaria in cui si
dice quanto sei brava e che è uno schifo che in Italia non sei apprezzata per le
tue competenze e che se ti vengono i 5 minuti te ne vai all'estero e quanto
questo impoverirà il nostro paese.
Io ti leggo e sono d’accordo
con te, anzi, sono proprio come te!
Ma in tutti questi post e
articoli a mio avviso manca sempre qualcosa... manca l’analisi della situazione,
o, meglio, la prospettiva per cambiare le cose, che troppo spesso si riduce in
un elogio dell'autoimprenditoria e lo startuppismo travestito da autonomia (cioè
precisamente quello che ha portato a questa situazione).
Ora, io non mi addentrerò
in un’analisi politica, altre più brave e bravi di me lo fanno, mi limiterò a dare alcuni suggerimenti che possono,
a mio avviso, aiutare a comprendere meglio la tua situazione del lavoratore
cognitivo e aiutare a darci una prospettiva.