domenica 10 ottobre 2010

Non avevo mai sentito parlare di Fabri Fibra. (minisaggio quasi filosofico)



Intro
Domenica 5 settembre, chissà perché, guardavo la posta e mi attira una news su Virgilio: “In uscita il nuovo album dell’Eminem italiano”. Eminem italiano? E chi è?
Foto: mai visto. Nome: mai sentito.
La news dice che nel suo album Fabri Fibra la manda a dire a tutti, da Laura Chiatti (che non so chi sia) a Noemi Letizia (che invece so chi è). Una lo vorrebbe scopare, l’altra la taglia a pezzi… tutti gli altri li manda affanculo. Cazzo, e chi è questo? “Claudio, hai mai sentito parlare di Fabri Fibra? “Sì, rapper italiano” “E fai un po’ sentire qualcosa…” “Ci sono 100 modi per morire, 100 modi etc etc” . Vabbè, Google>Wikipedia (!)>Fabrizio Tarducci, età 34, bla bla. Non molto.

Meno male che c’è MTV… In Italia…
La prima pagina che apro è MTV (in seguito dovrò dire che è stato davvero l’approccio migliore che avrei potuto avere a Fabri Fibra). La prima cosa che vedo (parte in auto-play) è un bel documentario sulle miniere del Sulcis realizzato da/con lui. In breve, passo la domenica pomeriggio guardando tutte le puntate di “In Italia” . Documentari intelligenti e interessanti, innovativi, freschi e acuti, senza velleità didattiche.
Poi (sempre per fortuna), vedo lo Storyteller che Fibra ha fatto per l’MTV Day 2010. Bello! Una lezione di rap come non la sentivo da anni. Una vera lezione, perché Fabri Fibra spiega le strategie con cui nascono alcuni pezzi. Bella “Tre parole”, quasi geniale il motivetto da circo di “Vip in trip” (che poi scoprirò essere il singolo del nuovo album Controcultura). Certo, non posso fare a meno di notare un po’ di cazzo, figa etc nei testi, ma nei limiti della norma. E poi i testi hip hop si nutrono di questa roba.
Alla fine della domenica l’idea che mi ero fatta è “bravo ‘sto Fabri Fibra”. E volevo sentire di più. Su YouTube scopro che il bravo Fabri Fibra che avevo visto finora è (sembra) un’altra persona rispetto al Fabri Fibra rapper.
I testi sono a dir poco urticanti: machismo, sessismo. Inizio a confondermi. Attacca i “cantanti ricchioni” che hanno paura quando gli entra una figa in stanza. Poi in un’intervista recupera l’aria a giovane saggio e con gli occhi grandi spalancati spiega che se uno è omosessuale e famoso dovrebbe dichiararsi per dare coraggio a tanti ragazzi omossessuali che vivono la loro condizione con difficoltà. Bhè, messa così ha ragione lui! Lui dichiara di dire cose forti in maniera forte per contrapporsi al mondo debole e di plastica della cultura dominante. (Ok, ma a rimane un senso di stridio tra i due Fibra).



Le contraddizioni sono ovunque. Tra i suoi testi e le sue interviste. Tra il testo esplicito ed il sottotesto implicito dei pezzi.
Fabri Fibra ci sguazza. Solo un esempio recente: in “VIP in Trip” c’è un cortocircuito tra parola e gesto. Una strofa dice “trovati una ragazza” (il contesto è di uno narcisista che si misura solo con se stesso). Nel video sulla parola “ragazza” lui fa il gesto della figa. Usa due figure retoriche opposte che si contrappongono e si complementano: il gesto della figa è una sineddoche (indica una parte per il tutto), mentre la parola è una metonimia (tutto “ragazza”= parte “figa”). L’unione dei due significanti crea un effetto straniante e genera un nuovo significato.
Ma tra le contraddizioni ve ne è una, fortissima, che è esterna a Fabri Fibra: i suoi fan. Si tratta di circa ventenni, ma la cosa più incredibile è che la maggior parte (almeno il 60%) sono ragazze (spesso innamorate di lui). Ma come è possibile che ci siano tante ragazze che vanno dietro ad uno che (a parole) le disprezza ed arriva addirittura alla violenza (v . “Voglio farti un regalo”)?


Fabri Fibra e la fine del mondo (in a Zizek style)
Il filosofo Slavoj Zizek nel suo ultimo libro “Living in the end time” paragona la nostra epoca ad un malato terminale. A questa condizione terminale, secondo Zizek, la società occidentale reagisce collettivamente come si reagisce di fronte alla notizia di una tragedia davanti a cui non possiamo nulla (le fasi sono: negazione, rabbia, tentativo di aggiramento, disperazione, resa, fino all’accettazione).
E se si potessero usare alcuni dei concetti di Zizek per spiegare Fabri Fibra? La mia idea è che Fibra possa essere un elemento dissonante che rompe lo schema di reazione collettiva. Non si tratta di un rivoluzionario, ma forse di una sorta di matto che vede la realtà che noi non riusciamo a vedere e che ce la racconta dipingendola con merda e sangue (sperando che noi la capiamo... o no??). Ecco alcuni esempi tratti da Zizek.

Politically (s)correctness

Nella nostra era sono tutti liberali. Correttamente, Zizek (p.37) afferma che il liberalismo ha due volti, uno di destra (libertà economica) e uno di sinistra (liberalismo sociale). Apparentemente Fabri Fibra sarebbe un punto di intersezione tra i 2 liberalismi: fa fare soldi e dice quello che vuole.
Però, il liberalismo sociale sta in piedi perchè ha due componenti che si autolimitano: la libertà di espressione e la tolleranza. Il corollario di questo mix è il politically correct senza il quale la libertà di espressione non è socialmente accettabile.
Invece, Fabri Fibra porta la libertà di espressione alle sue estreme conseguenze. La interpreta in maniera pura, spogliata dal politically correct. Trasforma la libertà di espressione in un gesto disfunzionale, rivelatorio dell’ipocrisia che soggiace al liberalismo. Ad esempio, parlare delle donne come oggetto sessuale è comunemente considerato un tabù assoluto. Le immagini televisive, all’opposto, sembrano veicolare proprio questa concezione della donna (ma non lo “dicono”). Quando Fabri Fibra dice “trovati una ragazza” e fa il gesto della figa richiama ed estremizza il linguaggio delle immagini televisive, in questo modo ne svela la contraddizione (parole vs fatti).
Si genera così un dualismo (“i buoni liberali” vs i “cattivi politically scorrect”) (v. Sarah Ahmed, unpublished manusctipt, citata in Zizek idib. p.43 n 46) con cui si potrebbe spiegare la dissociazione dell’etichetta di Fabri Fibra dall’album “Controcultura”. Ahmed racconta che, durante un’edizione inglese del Grande Fratello, un concorrente è stato espulso per avere avuto un comportamento razzista nei confronti di un altro concorrente (una cosa simile è successa anche in Italia dove un concorrente è stato espulso per un gesto violento). Ahmed interpreta la reazione dell’emittente Channel4 (=massima “pena” per il concorrente razzista) non tanto come una sincera reazione a tutela dei diritti civili, quanto piuttosto come un modo per rimarcare al pubblico una differenza: “noi” (Channel4, Italia1, Universal) siamo i buoni e siamo assolutamente diversi da “loro” (che non condividono i nostri valori liberali). Fabri Fibra leva la maschera al multiculturalismo liberale che, per dirla con Zizek, non è altro che la maschera umana della vecchia barbarie, e la Universal è “costretta” a dissociarsi per rimanere tra i “buoni”.

Hardcore e soft-porno
I testi di Fabri Fibra sono indubbiamente sessualmente forti. A proposito della pornografia hardcore, Zizek osserva come questa sia caratterizzata da trame eccezionalmente ridicole e stereotipiche con personaggi caricaturali (sempre uguali). Secondo Zizek (ibid. p. 122), questa assoluta irrealtà avrebbe la funzione di rendere accettabile il sesso esplicito. La pornografia rispetterebbe alcune regole: sì il sesso è iperrealistico, ma le relazioni mostrate sono talmente paradossali, al limite del ridicolo. Così si stabilisce un patto con lo spettatore: quelli rappresentati sono individui di un universo bi-dimensionale, non sono reali.
Analogamente anche nel soft-porno del prime time televisivo l’universo è proposto come bi-dimensionale, la regola è che si tratti di un gioco. La gnocca (o gnocco) di turno ha sì comportamenti fortemente sessuati (dal balletto al vestito) ma il messaggio è che questi nella realtà semplicemente non esistono o, se esistono, sono persone “normali” brave e timorate di dio. In questo modo diventano accettabili per le mamme, tanto da arrivare a desiderare la tv come un traguardo per la propria figlia (o figlio).
Fabri Fibra rompe questa regola e svela la realtà senza patina. Svela che la sessualità in TV viene percepita come reale (“perché le donne in TV sembra sempre che stiano per scopare …”) e addirittura genera delle reazioni nel mondo reale (“perché mi vuoi tanto eccitare?”). E va oltre, non solo dice in faccia che quella è realtà, ma che è anche pericolosa: dice alla mamma che la figlia di 16 anni (aspirante velina?) va in giro vestita come una troia e la conseguenza di questo è che il prof le sbava dietro (dalla troiaggine “bi-dimensionale” della tv a quella tangibile della porta accanto).

The Joker: l’anti-(Pre)edipo
Secondo Zizek, la nostra società è come un infante intrappolato nella condizione pre-edipica, quella che gli psicanalisti chiamano fase orale-anale. Un mondo infantile in cui non esiste la morte né conseguenze negative di sorta. Un mondo come quello dei cartoni animati in cui se i personaggi vengono distrutti e subito si ricompongono per rientrare nel circo del divertimento.
In questo mondo, la maschera forte di Fabri Fibra agisce come un’anomalia. Un essere post-edipico che ha “ucciso i genitori” e che vede il mondo in tutta le sue violente contraddizioni.
Il suo connotarsi negativamente (l’autoironico “Mister Simpatia”, “Io odio Fabri Fibra”, il costante richiamo al suicidio ed alla pazzia) potrebbe far pensare alla maschera del Joker in “The Dark Knight” che si contrappone a BatMan (che invece è integrato nei “i buoni” di cui parlavamo prima).
Secondo Zizek, Batman (come tutti i supereroi classici) vive il dualismo uomo/maschera, Joker, al contrario, si fa beffa dei supereroi intrappolati in questo stereotipo (infatti, nel film, racconta sempre una storia diversa su come sia diventato quello che è). Joker è molto più immerso nella realtà di quanto non lo sia Batman, Batman esiste nella finzione della sua maschera, Joker invece è la maschera stessa e per questo dà scandalo.
Nell’universo di cui stiamo parlando: mentre la maggior parte delle star e starlette dello show-biz vivono il dualismo maschera/persona, Fabri Fibra invece si identifica proprio nella sua maschera disturbante. Ed è tanto più fastidioso perché non si pone al di fuori del main stream, ma ci sguazza e lo rimesta con la realtà in tutta la sua negatività (“Laura Chiatti me la voleva dare” … “[ma] ho paura di prendere l’AIDS”). In queste rime, secondo me, quello che dice non è che quella tipa potrebbe avere l’AIDS (né che è un soggetto a rischio per i suoi comportamenti libertini), quello che dice è che non esiste il mondo patinato dei VIP che è tutto bello senza cose negative, nel mondo reale esistono brutture.
Ancora, la maschera di Fabri Fibra macho che scopa le donne (e le disprezza) potrebbe avere la funzione di raccontare il potere di attrazione sessuale delle persone “famose” ed il fatto (praticamente socialmente accettato) che se uno è “famoso” ha diritto ad usare il corpo della donna e che lo stesso è, per le donne, la chiave d’accesso all’essere famosi (se la mia interpretazione della rima “prima ti scopro, poi ti scopo” in “Tre parole” non è troppo stiracchiata).


Conclusioni: Fibra è la fine del mondo

Se l’analisi di Fabri Fibra come maschera alla fine del mondo è plausibile, è possibile riconciliare il Fabri Fibra documentarista con il rapper machista. Si riescono a spiegare le contraddizioni testi vs gesti, contenuti dei pezzi vs interviste. In realtà non sarebbero contraddizioni, piuttosto sarebbe simile al Joker che racconta ogni volta una storia diversa sull’origine della sua maschera. Dice a chi lo sente che il mondo in cui pensiamo di vivere non è Cartoonia (v. Roger Rabbit), e che se decidiamo di uscire dalla nostra condizione pre-edipica vedremo cosa c’è dietro la scenografia (una realtà marcescente di mondo alla fine del mondo).
Quello che secondo me la mia analisi non spiega è invece perché tra i fan di Fabri Fibra ci siano tante ragazze… (v. Chris Rock sul rap!)

 

Outro (ovvero, perché mi sono interessata a questo)
Era la metà degli anno ’90, quando bazzicavo la scena hip hop italiana. Andavamo a fare campeggi semiclandestini ed i miei vicini di tenda erano Neffa e Deda (poi arrivava Dj Gruff, che per noi era praticamente dio). “Ai mie tempi”non era possibile che un rapper militante (o indipendente) avesse una marca sessista (almeno a parole…) . Linguaggio tipo troia, ti scopo etc erano appannaggio di quelli del mainstream, che mutuavano questo linguaggio dal rap USA fatto tutto di bitches, mother fuckers, blow job etc etc.
Poi, subito prima del 2000 ho avuto la sensazione che il rap in italia stesse sparendo, che i DJ venivano assorbiti nelle band e gli MCs pure. Certo rimanevano i writers ma erano sempre di più e sempre meno bravi. Alla fine credevo che l’hip hop fosse diventato il balletto che si impara a scuola di danza.
Invece, grazie a questa serie di casualità ho scoperto che in Italia l’hip hop è vivo, che la scena è bella e che ci sono persone toste che fanno bella roba (anche nel main stream).