lunedì 17 agosto 2015

Micro guida per non cadere nella tentazione dello snobismo precario (e fare il primo passo verso la rivoluzione)

Immagine del Social Strike, http://blog.scioperosociale.it/
Sorella (o fratello) precaria, tu hai ragione. Hai studiato, sei bravissima, fai un sacco di cose fighe per lavoro, sei giornalista, oppure archeologa o cineasta, hai inventato un sistema fighissimo per insegnare il tibetano ai cavalli per fare la pet therapy. Avresti, anzi, hai diritto ad un riconoscimento economico del tuo lavoro. Questa società invece rifiuta di riconoscerti questo diritto, e dire che tu saresti disposto ad accontentarti – oVVoVe- pure un misero posto da insegnante.

Allora tu ti indigni, e fai bene! Scrivi un post per qualche rivista online più o meno figa, chiami il tuo amico giornalista e scrivete un pezzo di antropologia precaria in cui si dice quanto sei brava e che è uno schifo che in Italia non sei apprezzata per le tue competenze e che se ti vengono i 5 minuti te ne vai all'estero e quanto questo impoverirà il nostro paese.

Io ti leggo e sono d’accordo con te, anzi, sono proprio come te!

Ma in tutti questi post e articoli a mio avviso manca sempre qualcosa... manca l’analisi della situazione, o, meglio, la prospettiva per cambiare le cose, che troppo spesso si riduce in un elogio dell'autoimprenditoria e lo startuppismo travestito da autonomia (cioè precisamente quello che ha portato a questa situazione).
Ora, io non mi addentrerò in un’analisi politica, altre più brave e bravi di me lo fanno,  mi limiterò a dare alcuni suggerimenti che possono, a mio avviso, aiutare a comprendere meglio la tua situazione del lavoratore cognitivo e aiutare a darci una prospettiva. 

mercoledì 22 luglio 2015

Le "colpe" dei femminismi




Premessa
Spesso mi capita di essere lapidaria, soprattutto quando immagino di condividere dei contesti, per cui spesso mi capita di essere fraintesa. E' abbastanza normale quando si scrive in assenza di conoscenza dei contesti, come nel caso dei social network.

Svolgimento
A proposito della sentenza di appello di un processo per stupro a Firenze (qui se volete fare un viaggio nella merda leggete qui), in una discussione su twitter, mi sono trovata ad essere lapidaria e a dire che la colpa di sentenze del genere è dei femminismi (nel senso che non hanno inciso culturalmente abbastanza nel profondo).

Sono stata, giustamente, bacchettata.



Approfitto qui per provare a spiegare il mio pensiero.

1) Il femminismo, fino al culmine negli anni 70, è riuscito a portare il discorso sulle libertà personali e sulle relazioni sulla scena pubblica e ha raggiunto livelli molto alti di dibattito, riuscendo ad imporli a tutta la società. Non voglio semplificare troppo, ma possiamo dire che nuovo diritto di famiglia, divorzio, aborto, contraccezione sono frutto del femminismo.
2) La cosa più importante, secondo me del discorso femminista, era quello di abbattere il confine tra sfera pubblica, tradizionalmente riservata agli uomini, e sfera privata, delle donne. Un discorso solo proiettato all'esterno non era più accettabile, la rivoluzione doveva partire dalle relazioni, in primis uomo/donna e poi tutte le altre (per capirci, senza che partiamo per tangenti, pensate a che rapporti avevano le nostre nonne coi nostri nonni, prima di tutto questo).
3) Il risultato sono state non solo le trasformazioni legislative ma anche un embrione di nuova società. O meglio, di cosa significava costruire una nuova società.
4) Poi c'è stato il riflusso dei movimenti. Per strada non c'era più nessuna e nessuno. Moltissime donne hanno continuato a fare politica nei consultori, in piccolissimi spazi come le case della donna, ma questi spazi non hanno saputo rinnovarsi e le frequentazioni si sono sempre più assottigliate e le iniziative sono diventate sempre più autoreferenziali.
5) Le femministe, cosiddette storiche, hanno lasciato la strada e sono diventate professoresse universitarie, giornaliste, vips del jet set (ancora semplifico). Così, con le strade vuote, le istanze di liberazione (della società, non della donna) hanno perso il contatto con la realtà.
6) Dagli anni 80 (e sì anche dall'imporsi della televisione commerciale, ma questa è un'altra storia) i femminismi sono diventati "femmine pelose vs donne bone della tv" oppure un esercizio accademico (con tutte le rivalità tipiche del mondo accademico) .
7) Ma soprattutto il femminismo è diventato una cosa da donne. Paradossalmente, proprio le femministe hanno deciso di chiudere quel dialogo col reale e decidere di rinchiudersi nel privato.
8) Con il berlusconismo, le femministe, che erano rimaste chiuse nei salotti per oltre 20 anni, hanno tirato fuori dall'armadio il loro armamentario culturale e lo hanno scaraventato sulla scena pubblica senza una riflessione sociale profonda e, forse, senza rendersi conto che la maggior parte della società era rimasta indietro e aveva dimenticato le idee di liberazione e emancipazione (o magari lo sapevano ma se ne sono fregate).
9) Perdendo la parte "rivoluzionaria", il femminismo si è imposto nel discorso pubblico come censorio, normativo, sostanzialmente borghese. Gruppi come "Se non ora quando" non hanno avuto la capacità di andare oltre una semplice rivendicazione di "rispetto" e "quote rosa", unita alla critica del corpo.
10) Io non dico che le femministe, anche quelle storiche, davvero la pensino così. Dico che non sono state capaci di tenere aperto un canale di comunicazione con le loro figlie e nipoti. Hanno scelto di abdicare il loro ruolo rivoluzionario preferendo le dispute accademiche.
11) Noi figlie e nipoti abbiamo dovuto ricominciare quasi d'accapo con i maschi (ma anche le altre donne) con cui siamo entrate in relazione. Ci siamo inventate altre strade e altre alleanze, come quella coi movimenti queer, ma le nostre nonne e madri ci hanno aiutato poco. 

Cosa c'entra questo con le reazioni alla sentenza di assoluzione allo stupro di Firenze?
C'entra.

C'entra perché non l'assoluzione ma le motivazioni dimostrano che il discorso di liberazione della donna è stato dimenticato, le donne, le ragazze sono -di nuovo- relegate a un determinato ruolo sociale. Si ritiene legittimo giudicarle in base alle loro preferenze o comportamenti sessuali.
C'entra perché in tutta questa storia non c'è la minima messa in discussione della cultura dello stupro e della sopraffazione. Il maschio si sa che è cacciatore, si sa, le femmine sono la preda. O fai Santa Maria Goretti o sei colpevole.

C'entra perché nella società che stavano costruendo le femministe, la questione non erano le quote rosa ma le relazioni sociali, personali e anche economiche, ma non solo.

C'entra perché, l'ho già detto, le femministe hanno abdicato questa lotta e hanno permesso che si tornasse indietro, come se quelle istanze non fossero mai esistite nella realtà.

martedì 23 giugno 2015

L'assassinio di Ciro Esposito è un fatto politico e l'assassino è un fascista


Quello di Ciro Esposito è un omicidio politico.  Forse il movente dell’assassino non era politico, ma è diventato un omicidio politico un istante dopo che il fascista De Santis ha sparato.
E non è omicidio politico perché il movente sarebbe riconducibile al razzismo antinapoletano. Sappiamo bene quanto questo sia una questione tra tifoserie (anche se le origini e le radici dello sdoganamento del sentimento anti napoletano andrebbero indagate). 
L‘assassino di Ciro diventa questione politica l'istante dopo lo sparo di De Santis. 
Quando il movimento antifa si stringe attorno alla famiglia di Ciro. Quando iniziano le inchieste per svelare al grande pubblico (a quei lettori di Repubblica che certe cose non le sanno perché nessuno glie le racconta) chi è  De Santis e quali sono le sue reti
Quando movimenti e amici di Ciro scendono in piazza con parole d'ordine chiare. Per chiedere verità e giustizia. Non dimenticare Ciro.   
La dimensione politica  diventa più evidente quando compaiono le foto degli “amici di Danielino” con il loro apparato di simboli fascisti nella curva della Roma. Si rivendica un’appartenenza al neo fascismo, e in virtù di quella appartenenza si rivendica solidarietà. 


Io non riesco a derubricare questo come un fenomeno da stadio su cui fare finta di niente. E’ un segnale. Alcuni attivisti antifascisti lo colgono.
Il nesso politico è ancora più evidente con la saldatura dei fascisti romani e napoletani nell’esprimere solidarietà all’assassino col pretesto di attaccare la mamma di Ciro.

Ancora una volta il bersaglio è una mamma. Una donna che non vuole rassegnarsi alla morte assurda del figlio, che chiede e fa di tutto per non dimenticare diventa il bersaglio dei fascisti, uniti.  
La coordinatrice di CP Napoli

Infine, dire che Ciro è morto perché era un ultras è come dire che Stefano Cucchi è morto perché era drogato. Ed è contro questa semplificazione giustificatoria  che la famiglia e gli amici di Ciro, assieme ai movimenti antifascisti non si rassegnano e continuano a tenere alta l’attenzione.
Dalla morte di Ciro sono nate due forze opposte: 1) la saldatura dei fascisti romani e napoletani (che forse come tifoserie si odieranno, ma quando si tratta di fare politica sanno bene da che parte stare), e 2) lo stringersi attorno alla madre di Ciro, la spinta al calcio popolare, la voglia, buonista, sì, forse, di riscatto di Scampia, e la consapevolezza che l’omicida è fascista ed è proprio per questo per avere verità e giustizia, per non permettere l’ennesimo insabbiamento, bisogna lottare collettivamente.
Ed è per questo che l'omicidio di Ciro Esposito è politico.

p.s. io di calcio sono ignorante. I commenti delle persone più esperte sono benvenuti.

p.p.s leggete l'ultimo link. 


lunedì 16 febbraio 2015

Scampia è bella. Carnevale 2015


Scampia è bella, lo ripetevano tutti ieri alla sfilata del carnevale. Lo dicevano i bambini e gli anziani. Lo dicevano i volti delle persone, lo dicevano i carri e lo dicevano anche i palazzoni grigi.
E ripetevano che Scampia è bella sempre, non solo quando viene invasa, come ogni anno dal carnevale del Gridas .

Quest anno il tema era la scuola, la finta buona scuola di Renzi.



E' stato emozionante entrare nella carcassa di una scuola in costruzione e mai finita proprio all'imbocco del Lotto P.


Perchè Scampia è bella, ma è un quartiere dove lo Stato porta solo promesse disattese e carcasse di cemento. Oltre, ovviamente a Polizia e repressione della microcriminalità che tira a campare.





Ma Scampia è bella, e sa cosa vuole. Vuole tutto.


E così ogni anno si apre, e si lascia attraversare da un fiume umano solidale e colorato.





 A proposito, il Gridas è sotto sgombero, ancora.