martedì 28 febbraio 2012

Io non mi lamento, ma non chiamatemi imprenditore

Correva l’anno 1985, un’amichetta con le idee chiare fa: ”da grande voglio guadagnare 3 milioni (di lire, ndr) al mese!”. A 10 anni mi parve una buona idea, un giusto traguardo. Oggi, superato il primo decennio degli anni zero, sono lieta di annunciare che ho raggiunto l’obiettivo.

Chiariamoci, sono una lavoratrice freelance e non mi lamento, me la passo molto meglio di tanti altri. Per qualche motivo la gente è ancora disposta a pagarmi (quasi) quanto gli chiedo. Finchè dura...

No, non ho una partita iva. Divido con un’amica una micro società... diciamo una partita iva per due. Ma non mi lamento, faccio un lavoro che, spesso, mi piace. E poi non sopporterei di lavorare sotto padrone.

Certo, che non mi lamento. In vacanza ci vado zaino in spalla, oppure unisco le vacanze a qualche viaggio di lavoro. Già, non ho un’auto, non me la posso permettere. In realtà non ho neanche una casa. Sono 10 anni che vivo in affitto (temporaneo e al nero).

Ma non mi lamento. No, non mi lamento, ma ho paura. Non la paura che le mie entrate non crescano o che il “business” non si espanda.

Ho paura di ammalarmi, se mi ammalo non avrò accesso ad assicurazioni o protezioni di nessun genere. E se non lavoro non guadagno. Fatti un’assicurazione, dici? Certo! Peccato che le agevolazioni e le coperture assicurative a cifre abbordabili esistano solo per i lavoratori dipendenti.

Ho paura di fare un figlio/a, o che lo faccia la mia amica, perché nessuno ci pagherà per il lavoro perso durante la maternità (da queste parti la gravidanza è una malattia). Ma anche perché non ci sarà un ospedale disposto a farmi partorire con parto naturale, se vuoi vai in clinica (e chi paga?), e poi non ci sarà un asilo nido pubblico che la/lo accoglierà, se sei dipendente c’hai le agevolazioni, gli assegni familiari, io no.

Ho paura per mia madre, perché stanno tagliando lo stato sociale, la sua pensione sarà ridicola, lei non ha altri sostegni, a parte me e mio fratello.

E allora, a me va bene, non mi lamento. Fa nulla se non ho una casa, figli, assicurazione e pensione. Diciamo (diciamo) che me la sono scelta io. Ma non veniteci a raccontare che questo è il futuro a cui tutti i giovani dopo di me devono aspirare, e che se non desiderano questo sono degli sfigati. E non raccontateci che l’articolo 18 e i diritti è roba dei vecchi che tolgono il futuro ai giovani. Diritto scaccia diritto non esiste. Poco ma sicuro, io non sarò più “competitiva” nel mio lavoro se tolgo qualche diritto a un altro.

Tanto non vi crediamo! Dagli anni ’70 siamo in una fase di contrazione dei salari. Lo scopo preciso era quello di contrastare l’eccessivo potere dei lavoratori verso i capitalisti. Ci avete convinto che per continuare a lavorare dovevamo rinunciare non solo all’aumento dei salari, ma al diritto di una giusta remunerazione del lavoro salariato rispetto al profitto generato. E che se no andavate a produrre in Cina, che poi ci siete andati lo stesso. Poi vi siete fatti la vostra crisi finanziaria, e venite a dire che tocca a noi aggiustare le cose. Invece siete stati voi a schiacciare la produzione industriale per fare spazio alla finanza. Ma tutte queste cose ve le spiega meglio il prof David Harvey. 




Intanto io, che io ho raggiunto il mio sogno di bambina, mi sento un’ingenua. E come dice il prof Harvey, ogni persona di buon senso oggi si unirebbe al movimento anticapitalista. E forse ci conviene seguire il suo consiglio.


Letture aggiuntive
Silvia Bencivelli, Mondo free lance
Silvia Bencivelli, Il colpevole siamo noi