mercoledì 27 aprile 2016

Il progresso della schiscetta e l’arretramento del welfare aziendale

Ci avete fatto caso? Nell’ultimo paio d’anni c’è stato un notevole avanzamento del design e dell’offerta delle schiscette porta pranzo. Cestini ergonomici, vaschette con divisori, per frigo-micronde-frigo. Coi manici, con le posate, col contenitore porta vinaigrette.
Ai tempi di mio padre era poco meno di un contenitore di alluminio con chiusura ermetica dove le mogli degli operai (i quadri no) mettevano pasta al pomodoro fredda, riscaldata poi al sole o sulla stufa. Poi sono diventati i tupperware trasportati  in buste-di-carta-eleganti-del-negozio-di-camicie da più o meno precari senza diritto di mensa, colleghi attenti alla dieta o colleghe incinte che-non-sai-mai-come-cucinano-meglio-portarselo-da-casa.
Perchè fino a meno di 5 anni fa se lavoravi in una grande azienda o nel pubblico andavi a mensa, altrimenti andavi a mangiare fuori, con i buoni pasto, o comunque che vuoi che siano 7-8 euro al giorno tanto lo stipendio lo prendo, che diamine!
Invece ora tutte le mattine si muove in città un esercito di sonnambuli con in mano il loro porta pranzo: rettangolare, ermetico, non-troppo-alto-che-se-no-mi-si-rovescia-il-pranzo, bello-questo-l’ho-preso-da-ikea. Le buste-di-carta-eleganti-del-negozio-di-camicie sono ormai solo per i principianti, oppure, te ne accorgi subito, poverini, per quelli che vanno a trovare un parente in ospedale che-gli-porto-un-poco-di-pasta-che-in-ospedale-il-mangiare-fa-schifo-lui-non-è-abituato.
A cosa è dovuta questa mutazione delle abitudini, e il conseguente aprirsi di nuovi mercati fatti di designer e venditori di schiscette e autori di manuali e blog per il pranzo da asporto fai-da-te?
E’ dovuta alle restrizioni del welfare dei lavoratori, al restrizione dei salari, ai tagli alla contrattazione accessoria.
Mio padre per un periodo ha fatto il quadro FIAT, mia madre lavorava part time in un istituto di ricerca. Entrambi mangiavano alla mensa aziendale per due lire, senza considerare che a 30 anni, quando hanno avuto me, guadagnavano bene e avevano chiare prospettive di carriera (poi la FIAT ha messo tutti in cassa integrazione, ma questa è un’altra storia).
La mensa nel centro di ricerca dove lavorava mia mamma è stata chiusa circa 15 anni fa (è stata forse tra le prime vittime dei tagli alla ricerca) sostituita dai buoni pasto. Otto euro e cinquanta (o quello che era ai tempi di mia mamma) che si usavano per andare a mangiare alla tavola calda e rimaneva pure qualcosa per la spesa del sabato. E comunque che vuoi che siano 7-8 euro al giorno per mangiare tanto lo stipendio lo prendo, che diamine!
Quando il mio compagno è stato assunto c’era la mensa a 6 euro e pure 8 euro e 50 di buono pasto. Poichè era l’epoca in cui si doveva dare addosso ai fannulloni, sintomo e causa di tutti i mali dell’Italia, il datore di lavoro e i sindacati si sono accordati per ridurre i buoni pasto a 7 euro. Evviva il risparmio, abbasso i fannulloni, gridò il popolo!
Un paio di anni più tardi anche la mensa è stata privatizzata, così da un giorno all’altro il pranzo è passato da 6 euro a 8 euro e 50.
Poi hanno anche bloccato la contrattazione, quindi i fannulloni (shame on them) per quasi 7 anni non hanno avuto nè aumenti nè progressioni di carriera. I 1200 euro rimanevano tali intanto aumentavano acqua, gas, trasporti, ticket sanitari. I 7 euro servivano per fare la spesa, comprare la pasta, il pane, a volte un poco di carne, uova che-te-lo-cucino-stasera-così-domani-te-lo-porti.
E fu così che ogni mattina per le strade si vede l’esercito delle schiscette: che mangia da solo al computer perchè-finisco-una-consegna e che dialoga con i colleghi solo per fare la colletta per comprare un microonde.
E fu così che ci appassionammo a un nuovo tipo di design, di chiusure ermetiche, di questa-può-andare-nel-freezer-così-cucino-e-congelo-direttamente.
Passammo sere a pensare a cosa avremmo mangiato l’indomani, e quando alle 6 suona la sveglia... non ti scordare il pranzo è nel frigo che i buoni pasto li hai passati a tua mamma che non ce la fa a fare la spesa con la pensione.