Ci avete fatto caso? Nell’ultimo
paio d’anni c’è stato un notevole avanzamento del design e dell’offerta delle schiscette
porta pranzo. Cestini ergonomici, vaschette con divisori, per frigo-micronde-frigo.
Coi manici, con le posate, col contenitore porta vinaigrette.
Ai tempi di mio padre era
poco meno di un contenitore di alluminio con chiusura ermetica dove le mogli
degli operai (i quadri no) mettevano pasta al pomodoro fredda, riscaldata poi
al sole o sulla stufa. Poi sono diventati i tupperware trasportati in buste-di-carta-eleganti-del-negozio-di-camicie
da più o meno precari senza diritto di mensa, colleghi attenti alla dieta o
colleghe incinte che-non-sai-mai-come-cucinano-meglio-portarselo-da-casa.
Perchè fino a meno di 5
anni fa se lavoravi in una grande azienda o nel pubblico andavi a mensa, altrimenti
andavi a mangiare fuori, con i buoni pasto, o comunque che vuoi che siano 7-8
euro al giorno tanto lo stipendio lo prendo, che diamine!
Invece ora tutte le
mattine si muove in città un esercito di sonnambuli con in mano il loro porta pranzo:
rettangolare, ermetico, non-troppo-alto-che-se-no-mi-si-rovescia-il-pranzo,
bello-questo-l’ho-preso-da-ikea. Le buste-di-carta-eleganti-del-negozio-di-camicie
sono ormai solo per i principianti, oppure, te ne accorgi subito, poverini, per
quelli che vanno a trovare un parente in ospedale che-gli-porto-un-poco-di-pasta-che-in-ospedale-il-mangiare-fa-schifo-lui-non-è-abituato.
A cosa è dovuta questa
mutazione delle abitudini, e il conseguente aprirsi di nuovi mercati fatti di designer
e venditori di schiscette e autori di manuali e blog per il pranzo da asporto
fai-da-te?
E’ dovuta alle
restrizioni del welfare dei lavoratori, al restrizione dei salari, ai tagli
alla contrattazione accessoria.
Mio padre per un periodo
ha fatto il quadro FIAT, mia madre lavorava part time in un istituto di
ricerca. Entrambi mangiavano alla mensa aziendale per due lire, senza
considerare che a 30 anni, quando hanno avuto me, guadagnavano bene e avevano chiare
prospettive di carriera (poi la FIAT ha messo tutti in cassa integrazione, ma
questa è un’altra storia).
La mensa nel centro di
ricerca dove lavorava mia mamma è stata chiusa circa 15 anni fa (è stata forse tra
le prime vittime dei tagli alla ricerca) sostituita dai buoni pasto.
Otto euro e cinquanta (o quello che era ai tempi di mia mamma) che si usavano
per andare a mangiare alla tavola calda e rimaneva pure qualcosa per la spesa
del sabato. E comunque che vuoi che siano 7-8 euro al giorno per mangiare tanto
lo stipendio lo prendo, che diamine!
Quando il mio compagno è
stato assunto c’era la mensa a 6 euro e pure 8 euro e 50 di buono pasto. Poichè
era l’epoca in cui si doveva dare addosso ai fannulloni, sintomo e causa di
tutti i mali dell’Italia, il datore di lavoro e i sindacati si sono accordati
per ridurre i buoni pasto a 7 euro. Evviva il risparmio, abbasso i fannulloni,
gridò il popolo!
Un paio di anni più tardi
anche la mensa è stata privatizzata, così da un giorno all’altro il pranzo è
passato da 6 euro a 8 euro e 50.
Poi hanno anche bloccato
la contrattazione, quindi i fannulloni (shame on them) per quasi 7 anni non
hanno avuto nè aumenti nè progressioni di carriera. I 1200 euro rimanevano tali
intanto aumentavano acqua, gas, trasporti, ticket sanitari. I 7 euro
servivano per fare la spesa, comprare la pasta, il pane, a volte un poco di
carne, uova che-te-lo-cucino-stasera-così-domani-te-lo-porti.
E fu così che ogni mattina
per le strade si vede l’esercito delle schiscette: che mangia da solo al computer
perchè-finisco-una-consegna e che dialoga con i colleghi solo per fare la
colletta per comprare un microonde.
E fu così che ci appassionammo
a un nuovo tipo di design, di chiusure ermetiche, di questa-può-andare-nel-freezer-così-cucino-e-congelo-direttamente.
Passammo sere a pensare a
cosa avremmo mangiato l’indomani, e quando alle 6 suona la sveglia... non ti
scordare il pranzo è nel frigo che i buoni pasto li hai passati a tua mamma che
non ce la fa a fare la spesa con la pensione.
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