martedì 15 aprile 2014

"Adding injury to insult" vs "An injury to one is an injury to all"?

Sul blog dove è postato pare che i commenti possano essere solo dell'autore del post, e invece io voglio commentare. Così riporto sotto una riflessione e un commento sui movimenti e in particolare la manifestazione del 12A, e i giorni seguenti. Il terzo pezzo è il mio commento. E io sono completamente d'accordo in parte con entrambi. Nota: Qui i commenti sono aperti.

Adding injury to insult 

di @ginosansonetto
Recentemente mi è capitato di vedere su internet l'intervento di Rosi Braidotti ad un seminario, (qui l'indirizzo della prima parte del video http://vimeo.com/91305642) intitolato "Soggettività nomadi e vie di fuga postumane". Ad un certo punto Braidotti dice una cosa molto interessante, e cioè che tutti i grandi teorici maschi del comunismo, da Zizek a Badiou etc, hanno derubricato l'intero pensiero femminista a due note a margine dei loro discorsi, lamentandosi poi per la mancanza di pratiche alternative nei movimenti, quando questa rimozione è la causa della mancanza di esempi positivi cui attingere. "Adding injury to insult". Braidotti ragiona sull'importanza dell'immaginazione e della costituzione di nuovi immaginari e sulla salvaguardia della storia delle pratiche femministe, pratiche situate, non utopistiche e non slegate dalla concretezza dei rapporti tra persone. Questo discorso mi è venuto in mente riguardo le polemiche successive al corteo del 12 aprile a Roma. Sempre le stesse discussioni, ormai da anni, sull'efficacia di alcune pratiche nelle manifestazioni, sul rituale dell'immaginario bellicista e sull'idea che lo scontro militare (seppur richiamato per allusione simbolica) possa condurre a dei risultati pratici i movimenti. Mi chiedo, pur nella dovuta solidarietà ai compagni arrestati e picchiati in piazza, che senso possano avere oggi tutte le simulazioni di una potenza militare che non si possiede, oltre che, naturalmente, che senso possa avere lanciare parole d'ordine come quella dell'assedio ai palazzi di un potere che si individua nei palazzi romani dei ministeri vuoti di sabato pomeriggio. Credo che la risposta a questi interrogativi sia appunto nel cercare itinerari e percorsi di cui si è volutamente insabbiata la memoria e farla finita una volta per tutte con gli avanguardismi di un immaginario, quello bellicoso del leninismo degli anni 70, che avrà avuto pure la sua legittimità ma ora riproporlo diventa alquanto ridicolo. Non ho seguito in modo particolare le cronache del corteo romano, ma quelle poche foto che ho visto del blocco blu e dei caschi mi lasciano molto perplesso. Sarebbe pure ora di recidere il legame che abbiamo con alcuni gruppi della sinistra antagonista che stanno andando a sbattere contro un muro. Quantomeno non è più accettabile partecipare a queste scadenze nazionali con una parte di movimento che non vuole mediazioni con le pratiche degli altri gruppi ma poi rivendica l'unitarietà e l'internità di tutti i partecipanti al corteo alla loro impostazione. Non c'è il deserto oltre l'immaginario novecentesco del conflitto di piazza e dello scontro con il Potere, della presa del Palazzo d'Inverno etc. Questo è il punto, non c'è il deserto ma ci sono tante cose da apprendere dal passato e tante da immaginarne per il futuro.
Commento 
di @ellepuntopi
compagno presidente, questa mia mozione contraria non vuole essere assolutamente di sfiducia, anzi. lei però sa che fedele alla linea del caro leader nicolazzi ho maturato un approccio ecumenico alle questioni della base del partito, e il termine da lei utilizzato “recidere il legame” urta la mia visione politica. sulla simbologia vetusta e a tratti ridicola usata da certa gioventù del nostro splendido psdi siamo sempre stati d'accordo: la sua incapacità di emanciparsi da un immaginario novecentesco (quando ancora esisteva la fregna, ah che nostalgia a tratti che mi pervade) è certamente un percorso politico che rischia di infrangersi contro muri da essa stessa eretti. detto questo ritengo che questo suo intervento, all'indomani di una manifestazione di piazza in cui le forze del disordine hanno praticato una violenza inaudita, per citare un insigne teorico del psdi, sia abbastanza inopportuno, se posso permettermelo. mi è capitato per caso, mentre passeggiavo il mio cane dudù, di ritrovarmi in mezzo ai fatti ora narrati dalla cronaca. posso anche non condividere lo sterile “assalto” (dove le virgolette del simbolico si dissolvono in quelle della parodia) a luoghi vuoti che nemmeno più oramai simbolizzano il potere, ma le posso assicurare che in nome della prassi di nicolazziana memoria l'appunto più duro da fare sarebbe stato quello di non aver saputo tenere alla prima carica, prima ancora che l'avere sbagliato obiettivo. mi sembra infatti altrettanto improduttivo suddividere i comportamenti in base alla teoria che li accompagna, in un contesto dove la carica della polizia non si ferma in via veneto una volta disperso lo sterile assalto ai cieli di parigi, ma si ripercuote con la di cui sopra violenza inaudita contro quella parte di psdi che in piazza barberini attuava ben altre prassi, alcune proprio le medesime da lei compagno presidente indicate. non di risposta a immaginari sbagliati si è trattata la violenza poliziesca, ma di un proditorio assalto a tutte le prassi possibili e immaginabili presenti sulla piazza: questo è il punto. e all'indomani degli eventi di ulteriori divisioni in seno al già frammentato psdi non se ne sente il bisogno, a mio modestissimo avviso. devotamente suo, le comunico che il ricordo novecentesco della fregna non mi ha ancora abbandonato e che il cane dudù sta bene, nonostante una diarrea ben poco simbolica o immaginaria. 

Commento

di Io
Fuor di metafora, anche io quando ho letto Gino usare l'espressione "recidere il legame con alcuni gruppi della sinistra" ho fatto un salto sulla sedia. Eravamo lì, ancora una volta, a leccarci le ferite e l'idea di recidere mi è parsa istintivamente intollerabile, perché è dal 2001 che predichiamo contro i media che applicano la semplificazione buoni verso cattivi, che noi rifiutiamo. E' scattato l'automatismo (positivo) che riassumo come "an injury to one is an injury to all". Infatti, come si fa a non essere empatici con il racconto di Luca e del povero dudù sulle brutalità della polizia e tutti i dettagli militari su piazza Barberini, i lavori, via Veneto. E poi mi sono accorta che di nuovo avevo spostato il focus sull'aspetto militare. E allora no!

Invece io voglio chiedermi e chiederci: cosa vogliamo? Casa e reddito per tutt*. Sì ma più specificamente? Cosa ci spinge a mettere in gioco i nostri corpi in piazza? Pensiamo davvero che la piazza (quelle piazze, in quel modo) siano un modo produttivo di mettere in gioco i corpi? O non sono piuttosto la triste rappresentazione di una simulata presa del palazzo di inverno a cui siamo condannati in un eterno ritorno dell'immaginario?  (e mi riferisco alle analisi più che fantasiose fatte da rilevanti siti di movimento). E forse solo perché, pur riconoscendone i limiti, non si è disposti a metterlo in discussione? Perché non possiamo dircele queste cose? Perché dobbiamo "add injury to insult", dove ad essere injured (sfruttando il doppio significato) sono i corpi, ma ad essere insultate sono le intelligenze. Perché dobbiamo sempre dare per scontato che chi usa certe pratiche sono i veri rivoluzionari (al maschile volontariamente), mentre chi le discute è un* rompicoglioni, se non una nemica del popolo? Perché di pratiche queer si sente parlare nei salotti rivoluzionari, ma, gli stessi che ne parlano, in piazza non riescono ad uscire dagli schematismi che sento chiamare leninisti, ma che io non definisco così perché sarebbe nobilitarli troppo. E a me non pare che il prezzo che stiamo pagando a questa coazione a ripetere non vale la pena (anzi, addirittura toglie energie dagli obiettivi reali).

Io sono stanca di eroi ed eroismi. Se sono fini a se stessi ancora di più. E non sto negando che esista una rabbia sociale, ma, diciamolo, quella del 12 (e prima) non è espressione popolare di rabbia sociale è un'avanguardia che si dichiara come tale. Anzi, devo addirittura ricredermi sul 15O, dove uno scampolo di rabbia sociale si è espressa. Ma ancora di più, qual è il piano? Intercettare la rabbia per scatenare riot (che abbiam visto a Syntagma e a Taksim hanno breve durata, pur essendo, in quei casi, molto più esteso e cogente)?  E poi? Arresti, botte, forse morti. E poi? Poi si vede... No, da parte mia, preferisco costruire resistenze quotidiane, e per difendere quelle metto in gioco il mio corpo, non per fare a mazzate con la polizia per un palazzo di inverno vuoto.