Nomi e età dei bambini palestinesi uccisi da Israele (Fonte: twitter) |
Il
quotidiano Europa pubblica un editoriale su Gaza di Fabrizio Rondolino dal titolo
“Basta con quei bambini usati contro
Israele” Il sottotitolo svela immediatamente la tesi dell’autore: “I
media italiani sono quasi tutti totalmente subornati alla propaganda di Hamas,
che sfrutta cinicamente le vittime civili”.
Ora,
questa affermazione per me è ridicola visto che i media italiani, a parte il
Manifesto, hanno abbracciato la religione dell’equidistanza (ci tonerà
Rondolino, ma non voglio rovinare la sorpresa) e non mettono assolutamente in
discussione il diritto di difesa di Israele, ma tant’è.
A me
interessa piuttosto come si svolge l’argomentazione di Rondolino, come esempio
di retorica del rovesciamento della realtà, facendo affermazioni (in parte) vere
e poi rovesciandole nello svolgimento del testo. E si conclude (spoiler non
resisto) con gravissime affermazioni sul lavoro del giornalista, che a suo dire
dovrebbe rinunciare a raccontare la realtà in favore di una causa superiore.
L'editoriale
ha come fulcro un'osservazione –a mio avviso corretta- e cioè che in questultimo
conflitto di Israele contro la Palestina, sono circolate, grazie anche ai
social network, molte immagini di bambini morti, feriti, sofferenti. Bambini palestinesi uccisi da bombardamenti israeliani.
Questo
ha avuto un effetto nell’opinione pubblica: la compassione. E ha scalfito l’immagine
di Israele come stato democratico e buonista. Ha scalfito il
giustificazionismo.
Quindi
Rondolino decide di prendersela con i bambini morti per riaffermare il “diritto
di difesa di Israele” (riporto qui in corsivo il testo integrale di Rondolino).
Paragrafo
1) In cui si sa che è brutto che i bambini muoiano, ma i bambini muoiono in
tutte le guerre. Ma se una guerra è giusta, poco male. Scegliendo, tra gli altri, il felice esempio del bombardamento di Hiroshima.
Smettiamola con i bambini:
i bambini in guerra muoiono come chiunque altro, perché la guerra è orrenda.
Sono morti e muoiono dappertutto, i bambini: a Belgrado e in Kosovo, in Iraq e
in Siria e ovunque si combatta una guerra. Ne sono morti molti anche a Dresda,
sotto i bombardamenti alleati che hanno piegato Hitler, e a Hiroshima e
Nagasaki, dove le atomiche americane hanno portato la pace nel Pacifico. Dunque
il problema non è se muoiono i bambini, ma se è giusta la guerra.
Paragrafo
2) In cui si accetta per vera la tesi che Hamas usa la popolazione come scudi
umani, ignorando completamente che la popolazione di Gaza resiste sotto assedio
e sotto embargo di Israele.
I media italiani sono
quasi tutti totalmente subornati alla propaganda di Hamas, che sfrutta
cinicamente le vittime civili – molte delle quali sono letteralmente costrette
dai terroristi a restare nelle case o a salire sui tetti – per muovere a pietà
l’Occidente.
Paragrafo
3) In cui si afferma che quella di Israele è una guerra per i valori
occidentali (e che se i media fanno vedere i bambini palestinesi morti non gli
fanno un buon servizio). E anche questa è una solenne minchiata. Primo perché il
conflitto Israelo-Palestinese ha radici storiche molto diverse, e secondo perché
Israele è solo apparentemente uno stato con valori occidentali (fatevi un giro a
Gerusalemme o in qualche colonia).
I nostri media ogni
giorno si prestano alla pornografia della morte, ogni giorno titolano in prima
pagina sui morti innocenti: così l’attenzione non è più sulle ragioni della
guerra, sul terrorismo di Hamas, sull’offensiva fondamentalista islamica che da
Mosul a Gaza ha come obiettivo i valori e le libertà dell’Occidente, ma sui
bambini, decontestualizzati e angelicati nel pantheon delle emozioni
mediatiche: e chi non inorridisce di fronte a un bimbo morto ammazzato?
Paragrafo
4) In cui non potendo fare un’affermazione palesemente falsa, e cioè che i
media italiani sono anti-Israeliani, usa la supposizione, la deduzione
illogica: “I nostri media non osano scrivere che Israele uccide senza scrupoli,
ma probabilmente lo pensano e di sicuro vogliono farcelo credere.”
I nostri media non osano
scrivere che Israele uccide senza scrupoli, ma probabilmente lo pensano e di
sicuro vogliono farcelo credere. Giocano con i sentimenti e ricattano ogni
giorno i lettori: da una parte ci sono i bambini morti, e dall’altra c’è –
senza dirlo mai esplicitamente, per paura e vigliaccheria – un esercito
spietato, un governo spietato, uno Stato e un popolo spietati.
Paragrafo
5) In cui si rassicurano i lettori affermando che “Israele non è spietato” e si riafferma il diritto alla difesa di Israele (“non è neanche guerrafondaio”, dice subito dopo, strano per un paese con 3 anni di servizio militare obbligatorio, la bomba atomica, e un’altissima spesa militare, ma lasciamo perdere).
Israele non è spietato.
Non è neanche guerrafondaio: non lo è mai stato. Tutte le guerre che Israele ha
dovuto combattere dal 15 maggio 1948, cioè dal giorno della sua nascita, sono
state e sono guerre di difesa. Ogni volta che Israele è stato costretto a
prendere le armi e a versare il sangue dei suoi figli, è perché ha subito un attacco
mortale. Questa guerra non è diversa: Hamas, attraverso i tunnel e con i razzi,
ha colpito e colpisce Israele, e Israele non ha altra scelta che difendersi.
A partire dal paragrafo 6
l’argomentazione inizia a trasbordare e diventa delirio. Vediamo.
Paragrafo
6) In cui si fa prendere un po’la mano e dice sciocchezze come “nascondere i
razzi nelle scuole e negli ospedali è un crimine contro l’umanità” eppure, come ribadito dall’ONU, il crimine (di guerra, non contro l’umanità) è
bombardare gli ospedali, e lo ha fatto Israele .
E l’ONU ne ha chiesto la condanna. E poi parla di fantomatici
tunnel “con aria condizionata” che francamente non ha mai visto nessuno. Anche
se è vero che i tunnel esistono, moltissimi servono anche per far passare
qualche bene di prima necessità, perché, Gaza è sotto embargo. Tra i materiali
pericolosi che non possono entrare legalmente ci sono i materiali da
costruzione.
Di tutto questo ai media
italiani importa molto poco. La guerra è uno spettacolo, e più grande è
l’orrore più il pubblico accorre. I bambini morti commuovono e lo sdegno
assolve la coscienza: e che importa se Hamas ha scritto nel suo statuto che
Israele va cancellato dalla carta geografica, o che nascondere i razzi nelle
scuole e negli ospedali è un crimine contro l’umanità, o che i tunnel con aria
condizionata costruiti per ammazzare i cittadini israeliani potrebbero
accogliere i civili palestinesi durante i bombardamenti e ridurre a zero le
vittime.
Paragrafo
7) In cui prima afferma un’identità tra ebrei e stato di Israele (affermazionediscutibile e discussa da storici israeliani e non) e poi dice che questo alimenta l’antisemitismo. Ora francamente questo
passaggio è talmente assurdo (si è antisemiti se non si appoggiano le politiche
di Israele) che non saprei neanche cosa argomentare, se non che ci sono moltissimi
ebrei nel mondo che non la pensano come Rondolino. Che poi l’antisemitismo sia
un problema storico in Europa lo andrei a discutere con chi fomenta razzismi e
fascismi.
Così monta nell’opinione
pubblica un’ondata molto pericolosa, che comincia col distinguere dottamente
fra gli ebrei – una specie di idea platonica da commemorare compunti nel Giorno
della Memoria – e il governo di Israele, poi s’allarga allo Stato ebraico nel
suo insieme, la cui stessa esistenza è considerata un’anomalia, e infine sfocia
nell’antisemitismo esplicito, nell’assalto ad una sinagoga a Parigi o nelle
botte ai calciatori del Maccabi Haifa in Austria. Di questo l’informazione
porta una responsabilità pesante, di cui prima o poi dovrà rendere conto.
Paragrafo
8) In cui l’autore ha un sussulto di onestà e si rende conto della panzana
scritta nel paragrafo precedente “Criticare Israele non è antisemitismo: lo
fanno molti ebrei e lo fanno molti israeliani” ma non resiste e aggiunge una
parentesi generica e ammiccante “(non altrettanto si può dire dell’altra parte)”.
E con un salto carpiato si contraddice e ripete che mostrando le immagini dei morti
a Gaza si alimenterebbero sentimenti antiebraici. Il paragrafo si conclude
affermando che Israele è la vittima di questa guerra. Come e perché non è dato
saperlo.
Criticare Israele non è
antisemitismo: lo fanno molti ebrei e lo fanno molti israeliani (non
altrettanto si può dire dell’altra parte). Ma dipingere giorno dopo giorno
Israele come un mostro, speculando sui sentimenti più elementari dell’opinione
pubblica e rifiutandosi di illustrarne le molte ragioni, produce nel tempo un
diffuso e pericoloso sentimento antiebraico, tanto più intollerabile quanto più
è evidente che Israele, in questa come in tutte le altre guerre, è la vittima.
Paragrafo
9) In cui Israele ha diritto di esistere e l’unico modo che ha è di annientare
Hamas. L’equidistanza (dei media, cioè documentare il massacro di Hamas) aiuta
Hamas, quindi forse dovrebbero tacere? Nascondere le notizie?
Ma mi
sono stancata e lo lascio commentare a voi:
Israele
ha il diritto di continuare a combattere fino a che l’ultimo tunnel e l’ultimo
razzo di Gaza non saranno annientati (o fino a quando Hamas non annuncerà il
disarmo unilaterale), perché ha diritto ad esistere. Che altro dovrebbe fare,
che altro potrebbe fare Israele per fermare la guerra? L’unica opzione che il
terrorismo palestinese gli offre è scomparire. L’unica scelta che ha è
difendersi. Chi non comprende a fondo questo punto, chi specula sui morti
innocenti e si nasconde, naturalmente in nome della “pace”, dietro
un’ammiccante equidistanza, fa la parte dell’utile idiota di Hamas. È una
scelta legittima, ma bisogna saperlo e assumersene la responsabilità.
Outro
Per
una storia del conflitto Israelo-Palestinese vi rimanderei a fonti autorevoli e
complete, ma io non ne ho trovate online, Quindi qualsiasi suggerimento è
gradito.
Per
una testimonianza (da nulla) dell’apartheid e del colonialismo vi rimando al racconto del
mio recente viaggio di lavoro in Israele.
#FreePalestine # StopIsraeliApartheid