Sono a Berlino, ci mancavo
da quattro anni. Quando ci ero stata avevo apprezzato la vitalità delle persone
ma avevo visto anche il rischio della speculazione selvaggia. Ovunque c’era
qualcosa in costruzione. Sapevo che c’era il rischio che la città finisse col
diventare un enorme centro commerciale, come è accaduto con Londra. Ecco, è
successo, o meglio sta succedendo ma mi pare che il processo sia irreversibile.
Molti spazi che prima
erano di cultura- se non di socialità- alternativa vengono sfrattati per
lasciare spazio alla speculazione. Il caso più moto è la chiusura del Tacheles,
ma lo stesso è successo al centro di cultura afro YAAM e succederà al mercatino
domenicale di Meuerpark. Lasceranno tutti il posto a palazzi, centri
commerciali, catene di negozi. Tutto uguale, a uso e consumo dei turisti.
Turisti nati quando il muro
di Berlino già non c’era più. Che vanno a visitare le vestigia del muro a
Postdammer Platz come quelli che andavano a fare il necroturismo a Cogne. Vanno
e si fotografano o ci attaccano i lucchetti per promettersi amore eterno. La
novità è che i turisti appiccicano una gomma masticata sul pezzo di muro,
ridono si fanno fare la foto dagli amici e se ne vanno.
Non conosco le origini
del rito della cicca. So che alla Casa di Giulietta (pezzotta, n.d.r.) succede
la stessa cosa. Ma provo ad interpretarlo (anche se suonerà à la Gramellini,
ahimè).
Si tratta di un rituale
da turisti egocentrici, che vogliono lasciare un segno di se su un pezzo di
storia. Una specie di cannibalizzazione, in questo caso al contrario. Non
importa se si tratti del (finto) balcone di Giulietta o del simbolo di una
privazione della libertà. I pezzi di cemento che erano il muro sono solo un’attrazione
turistica su cui mettere le mani e farsi una foto.
Meno male che, come dice
il mio compagno, quello di Postdammer Platz non è il vero simbolo del muro. E dicendo
questo mi ha portato in direzione della East Side Gallery (chissà ancora per
quanto).
Corollario
Quando si blatera del
turismo come petrolio dell’Italia dovremmo chiederci di cosa stiamo parlando.
Di città luna park dove i turisti sono solo consumatori e clienti paganti?
Oppure vogliamo che il turismo sia un’occasione di crescita e di conoscenza per
le persone che vengono? Certo bisogna accogliere bene i turisti, ma questo non
va confuso col prenderli per mucche da mungere. Perché così facendo, il danno
lo faremo a noi stessi, alle nostre città, al mare, cancellando pezzi di storia.
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